GEN 2: Elisa Xhindoli
Ciao, sono Elisa Xhindoli. Ho 24 anni, sono di Terni e vivo a Bologna ormai da cinque anni per l’università. I miei genitori, invece, sono albanesi.
Per cominciare, cosa ti piace di più raccontare su di te?
In realtà niente di troppo particolare. Penso che ci siano due cose che mi caratterizzano principalmente: il make-up e il fatto di fare ogni tanto divulgazione scientifica su argomenti random, come la questione ambientale. Il mio profilo Instagram, infatti, è un miscuglio di trucchi e notizie sul cambiamento climatico. Altre cose su di me… Sono aquario (in astrologia si scrive senza c), il che mi caratterizza particolarmente, ma non starò qua a dilungarmi su questa storia. Mi piace disegnare sia su carta che sul mio viso, guardare un sacco di serie tv, film, anime e principalmente mi diverto a dare sempre la mia opinione, anche quando sinceramente non interessa a nessuno.
Quali sono gli interessi che coltivi di più al momento?
Sono una persona che si appassiona a mille cose tutte insieme ma che allo stesso tempo le abbandona tutte abbastanza in fretta. Al momento quello che mi appassiona di più sono gli anime. Sono cresciuta guardandoli e ho ripreso un po’ dopo la laurea. Spesso cerco anche di ridisegnarli. Per un periodo nella mia vita ho anche pensato di voler diventare una mangaka* e disegnare fumetti miei secondo questo stile, ma poi ho deciso di tenerlo solo come hobby.
*mangaka: persona che idea la storia e realizza i disegni di un manga.
Cosa significano per te le tue origini? Pensi abbiano un’influenza sulla tua vita quotidiana?
La questione delle mie origini è diventata più importante da quando sono più grande. Credo di essere diventata molto più consapevole a questa età. Ora sono molto più interessata alle mie origini, ascolto molto più volentieri sia i miei genitori che i miei nonni rispetto a quando ero piccola, forse anche perché adesso riesco ad avere una visione più critica.
Nella vita quotidiana mi influenza, ma perché mi rendo conto che molti miei atteggiamenti siano proprio tipici albanesi. Ad esempio, la prima cosa che mi viene in mente è “il rispetto per l’ospite”. Ho sempre criticato mamma per l’eccessivo impegno e rispetto che portava per chiunque entrasse in casa, pur essendo persone che conosceva da vent’anni. Poi mi sono resa conto di essere esattamente come lei, sento il bisogno proprio di dimostrare questo tipo di rispetto alla persona che entra in casa; il modo in cui viene servito il caffè, il modo di offrire il cibo, la cordialità. Tutte cose che ho notato molto nella cultura albanese e che sinceramente sono contenta che siano intrinseche in me.
Ti sei mai sentita discriminata negli ambienti che hai frequentato?
Per quanto riguarda la discriminazione, sinceramente non ne ho sofferto per niente. Credo che il tutto sia riconducibile al fatto che esteticamente non si possa dire che sono straniera e quindi se una persona mi sente solo parlare in italiano non le vengono dubbi sulla mia etnia.
L’unica volta che è capitato è stato al liceo quando dopo un’interrogazione mi è stato detto “No no è andato tutto bene, e comunque parli molto bene in italiano”. A questo commento ovviamente ho riso e ho risposto “beh sì, sono nata qua”. Ma non me la sono presa perché può capitare di non sapere se sono venuta da poco in Italia o sono nata qua.
Se ti chiedono “da dove vieni”, come rispondi di solito?
Quando era più piccolina rispondevo sempre “Terni”, senza aggiungere altro. Invece adesso quando me lo chiedono dico comunque Terni, ma, se posso, specifico di essere albanese. Non mi sento troppo ternana, per quanto il mio dialetto mi smentisca in questo caso.
Adesso ci tengo molto a specificare il fatto che i miei sono albanesi. Sono fiera del percorso che hanno fatto per arrivare fino a qua, so quanto hanno sofferto a lasciare i propri cari e tutto quello che conoscevano per ricominciare in un Paese nuovo per dare un futuro migliore a noi, quindi perché non dovrei specificarlo? Penso sia anche un modo, in piccolo, per ringraziarli.
Sei molto attiva sui social e condividi anche le tue creazioni con il make-up. Com’è nata questa passione?
Sono una bambina della fine degli anni Novanta, cresciuta ovviamente a pane e YouTube.
I primi video che ho iniziato a guardare erano quelli di ClioMakeup e da lì è partito tutto. Ho iniziato a giocare con un po’ di colori in faccia, con diversi prodotti e ho continuato sempre di più a informarmi, a provare cose nuove e nuove tecniche.
Poi, con il boom di Instagram, è stato anche più facile interagire con make-up artist che mi piacevano e a cui mi ispiravo. Ho fatto tutto perché mi sentivo di farlo e perché mi piaceva, quindi, è venuto tutto in maniera molto naturale.
Ti sei trasferita a Bologna per studiare, pensi sia diverso per un* GEN 2 vivere in una città grande?
Vivo a Bologna da cinque anni e le differenze con Terni sono decisamente tante.
Sia in quanto città più grande, sia in quanto città molto più giovanile rispetto a Terni. Penso sia importante, se c’è la possibilità ovviamente, vivere un'esperienza fuori casa. Fa sì che tu cresca da tanti punti di vista, sia riguardo le cose basilari della vita, come il banale “stare attento ai soldi” o imparare a fare una lavatrice, sia da un punto di vista sociale.
È bello vedere tanta gente diversa da te e metterti in gioco nel conoscere e vedere nuovi punti di vista. Il mondo è grande e molto vario, e una città grande è un modo per conoscere una piccola parte di questa diversità. Anche nelle grandi città a volte finisci per rimanere nella bolla che ti sei creato, ma sicuramente ci sono molti più stimoli per uscire dalla tua zona di comfort e conoscere nuove persone.
Come vivi il tuo percorso attuale? Cambieresti qualcosa dell’università italiana?
Sono contenta del percorso che ho fatto. Sono contenta di aver deciso di fare Ingegneria Ambientale. La maggior parte delle cose che ho studiato sono state interessanti e mi hanno portata a ragionare sulla questione ambientale. Spesso, quando si parla di questo tema si è troppo utopistici. L’approccio ingegneristico mi piace, essendo io una persona molto pratica.
Per quanto riguarda l’università, non mi sono potuta godere a pieno l’esperienza considerando che per due anni e mezzo c’è stato il Covid. Forse l’unica cosa che avrei voluto in più, durante il mio percorso, Covid permettendo, è la parte pratica. Mi piacerebbe vedere come vengono applicate le cose che studio, magari con l’aiuto di più laboratori, visite in azienda, visione di macchinari.
Ultima domanda di rito. Come ti vedi tra 5 anni? Hai progetti o sogni nel cassetto?
Questa è una domanda veramente difficile e sinceramente non starò qua a dire cose a cui non credo neanche io. L’unica cosa che spero di vedere tra cinque anni è una versione di me contenta di quello che sta facendo e delle decisioni che ha preso. Spero di riuscire a trovare un lavoro di cui io sia soddisfatta. Un piccolo sogno nel cassetto però, lo ammetto, è diventare una make-up artist certificata. Magari tra cinque anni sono in accademia, chi lo sa!