In Arte: Kaze

Ciao! Mi chiamo Paola Gioia Kaze Formisano e abito a Milano da 4 anni. Sono una cantautrice e un’attrice di seconda generazione.

Come e quando sei entrat* nel mondo della musica?

Penso che sia iniziato tutto nel 2021, dopo un provino a “X Factor” andato male. 

L’audizione era però andata in onda dandomi una certa visibilità, infatti poi ho ricevuto diversi dm di persone che volevano collaborare e così ho iniziato a dare forma ai brani che scrivevo.

 

Come ha reagito la tua famiglia quando ha scoperto che volevi fare la cantante?

La mia famiglia non è rimasta così sorpresa, anche perché ha sempre dato un certo valore all’arte. Era un sogno che avevo sin da piccola ed ero la classica bambina che cantava 24 ore su 24.

A mia madre, però, è sicuramente venuto un colpo all’inizio quando ho lasciato un contratto a tempo indeterminato per seguire questa carriera..


Da dove nasce la tua ispirazione e quali sono gli artisti in attività che ti ispirano di più?

In generale, quando scrivo vado a pescare nei miei ricordi. Spesso e volentieri uso la scrittura per elaborare eventi di cui non riesco a parlare o che non ho ancora affrontato del tutto.

Credo che l’artista che inconsciamente mi influenza di più sia Beyoncé. È la mia preferita, ma mi lascio ispirare anche da cose molto diverse tra loro, come la musica della scena romana di qualche anno fa, Kaytranada, Hozier e anche la musica elettronica, che mi affascina molto. Insomma, ascolto di tutto e non escludo nulla.

Pensi che sia più complicato emergere nel mondo della musica italiana se appartieni a una minoranza o se sei GEN 2?

Sì, è più difficile ma non credo sia impossibile. Ci sono delle evidenti barriere che fanno parte della quotidianità di chi appartiene ad una minoranza, e che ovviamente si vedono anche nel mondo della musica. 

Penso ad esempio ai festival, dove ci sono pochissime artiste donne o membri della comunità LGBTQIA+, è evidente che esiste un grosso gap da colmare. Appartenere ad una minoranza richiede un impegno maggiore: è più difficile farsi rispettare ed essere presi sul serio. Bisogna, infatti, avere il doppio della fiducia in sé stessi. 

 

Raccontaci tutto il processo dietro alla realizzazione del tuo nuovo singolo “Sad” e se c’è, qual è stata la tua parte preferita?

Sad” nasce a Parigi nello studio di Gaspard Murphy. Ero andata lì per fare delle session con alcuni produttori e con lui è scattata l’intesa. È stato divertentissimo lavorare con lui perché parlando alternavamo italiano, francese e inglese. La session si è trasformato in un bellissimo spazio multiculturale e mi sono sentita veramente a mio agio. 

La mia parte preferita di tutta questa esperienza, credo sia stata proprio il viaggio di per sé. Era la mia prima volta a Parigi e ci sono andata per lavoro, ossia scrivere e cantare le mie canzoni. Se me lo avessero detto qualche anno fa, non ci avrei mai creduto.

Negli ultimi anni hai rilasciato diversi singoli, pensi di lavorare prossimamente ad un album?

Sì, ci sto lavorando e sono molto contenta. Non vedo l’ora di completarlo e farvelo ascoltare.

 

Il nuovo singolo è ormai disponibile su tutte le piattaforme musicali, farai dei tour per promuoverlo? Facci qualche spoiler, se puoi…

Intanto il 3 giugno parteciperò al Nameless Festival, per cui sono molto emozionata. Per il resto mi piace sorprendere quindi annuncerò tutto al momento giusto.

Ultima domanda ormai di rito a ColorY*, come vedi l’Italia nel 2030?

Mi auguro un’Italia più impegnata per l’ambiente e che le persone appartenenti a minoranze possano vivere senza dover lottare il doppio o il triplo degli altri per avere le stesse opportunità.

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Gen 2: Joy

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InArte: Jonathan Guerrero