We Made in Italy: Urban pep

Sono Vanessa Zuddas e la mia attività si chiama Urban pep, un brand di abbigliamento vintage e upcycling con sede a Cagliari, in Via Garibaldi 21.

Raccontaci come è nato il tuo brand

Urban pep è nato dalla mia passione per la moda. Ho sempre amato i capi particolari e quelli realizzati con bei tessuti. 

Fin da ragazzina ho lavorato nel settore dell’abbigliamento, essendo mio padre un commerciante di streetwear, business che si basava di più su nuove produzioni. Mi sono avvicinata al mondo vintage quando per la prima volta ho acquistato un vestito in un mercatino. Da quel momento è diventato un chiodo fisso. 


Successivamente, mi sono resa conto di quanto il settore della moda fosse impattante a livello ambientale. Volevo fare qualcosa di diverso, così ho iniziato a studiare e a documentarmi; passavo intere giornate per i mercatini, stavo iniziando a navigare nel magico mondo del vintage e dell’abbigliamento second hand. 


Quando hai capito che era il momento giusto per iniziare?

Ho capito che era il momento di iniziare quasi subito. Appena presa la laurea in Economia ho dato il via a questo progetto. 

L’obiettivo era quello di dare nuova vita ad abiti e oggetti dismessi, proponendo i capi che più rispettavano la mia personalità, e far capire a più persone possibili quanto fosse importante recuperare e chiudere il ciclo del prodotto per avere il minor impatto possibile sul pianeta.  


Quando si parla di imprenditoria in Italia, si sentono più aspetti negativi che positivi, perché hai deciso di crederci lo stesso?

Ho deciso di crederci lo stesso, nonostante i tanti pareri negativi, perché non potevo fare altrimenti. Volevo dar vita a questo progetto proprio perché era qualcosa di nuovo e sentivo di poter dare un contributo all’ambiente creando un nuovo modo di pensare quando si tratta di moda. Sono stata fiduciosa fin da subito.  

I capi in vendita online e in negozio sono tutti realizzati partendo da tessuti e vestiti di seconda mano. Puoi raccontarci il tuo processo di produzione?

Si parte da un processo di produzione in cui arrivano stock di abiti second hand e vintage da ogni  parte del mondo. I capi vengono smistati, finché non si arriva a creare la collezione in base al mio personale gusto: ciò che cerco di ricreare è uno stile romantico, i colori non mancano mai. 

Dopo questa selezione, si decide se modificarli oppure, al contrario, se lasciarli come sono. 

Il nostro punto di forza sono i modelli facili da indossare, da abiti fatti con tessuti antichi a capi degli anni ‘60. 



Pensi che il fatto che i capi siano pezzi unici sia un limite o un punto positivo per il tuo brand? Ad esempio, come gestisci l’aspetto delle taglie?

L’aspetto delle taglie viene risolto in negozio in base alle esigenze dei clienti. 

Il lato positivo di questa soluzione è il poter rendere l’acquisto un’esperienza in cui la persona può realizzare il modello che desidera, che è pronto in pochi giorni. 

Con i tessuti avanzati creiamo accessori da abbinare al capo stesso. Il nostro punto di forza è l’unicità, ed è questo che ci contraddistingue dal fast fashion. Come brand, siamo aperti alle sfide. Molto spesso sono i clienti stessi che si divertono a proporci nuovi modelli. 

I nostri modelli principali sono le camicie e gli chemisier, tipologie di capi molto semplici da modellare. Una cosa che dobbiamo ricordare è che già in passato gli abiti vintage venivano creati per poi essere modificati e adattati, quindi sono ricchi di tessuto.  

Come è stato accolto Urban pep dalla città di Cagliari?

Urban pep è stato accolto molto bene dalle nuove generazioni, meno da quelle più vecchie. Pensavo che iniziare sarebbe stato più semplice, invece mi sono ritrovata davanti un mercato che, purtroppo, non era ancora pronto. 

Le vecchie generazioni associano ancora i capi usati a qualcosa di sporco, alla povertà o a capi fuori moda e di cui vergognarsi. Al contrario, le nuove generazioni capiscono il valore del vintage e del riciclo, associano l’acquisto del vintage a qualcosa che fa tendenza, alla moda. 

Una cosa che sicuramente non ha aiutato è stata la mia fisionomia asiatica. Inutile dire che in questo settore le persone asiatiche non vengono viste molto bene.

Durante le vendite alcuni clienti cercano sempre di andare a ribasso col prezzo, oppure associano il prodotto a una scarsa qualità. Nonostante ciò, non mi sono data per vinta. 

Ho capito che c’era qualcosa di profondamente sbagliato, così ho iniziato a modificare quei capi per renderli ancora più appetibili nel mercato; modificandoli, ho notato una risposta ancora più positiva, e il messaggio che volevo lanciare con Urban pep è arrivato più facilmente alle persone, arrivando a convincere anche la clientela più scettica. 

Il traguardo più importante raggiunto finora?

Per me il traguardo più importante è stato utilizzare il mio marchio e il negozio fisico per poter comunicare altri messaggi a tema sociale a cui tengo fortemente. Tramite Urban pep riesco a condividere con più persone possibili quelli che sono i miei ideali, creando una rete tra persone e un luogo sicuro per chiunque.


Come reagiscono le persone quando scoprono che sei un'imprenditrice?

Di solito le persone si mostrano incuriosite e sono sorprese sia dalla mia giovane età, sia dal fatto che vivo su un’isola. 


Come vedi Urban pep tra 5 anni?

Tra 5 anni vedo Urban pep come un brand ancora più solido. Lo immagino anche come uno spazio per eventi e incontri, per creare una rete sociale ancora più ampia. 


Che consiglio daresti ad altr* giovani imprendit*?

Ai giovani imprenditori darei come consiglio quello di inseguire i propri sogni e non tirarsi mai indietro, nonostante la negatività e lo sconforto che molto spesso si ricevono dalle altre persone. 

Quando ho aperto la mia attività in molti mi dicevano che avrei chiuso dopo qualche mese. Oggi, nel 2023, sono ancora qui, piena di speranza e di sogni da realizzare.

Per essere imprenditori bisogna avere un’alta propensione al rischio, specialmente in Italia, ma se l’idea è giusta bisogna crederci. Oltre a questo, bisogna ricordarsi che da imprenditori si può anche fallire, e quindi è giusto anche accettare un fallimento. Il mercato cambia, voi cambiate, per fortuna tutto è sempre in movimento!

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