ATLETY Presenta: Paul Stephan Biligha
La nuova rubrica di Colory* dedicata a atlete e atleti GEN 2 è qui per ispirarti
Lo sport è uno di quei settori che nell’immaginario collettivo è sempre stato collegato al merito — appunto perché sono i risultati che fanno l’atleta — proprio per questo di rappresentazione ne vediamo davvero tanto. Ci siamo chieste se anche gli atlet(y)i e le atlete stessi si sentono così e com’è stato il percorso che l* ha portat* a diventare professionist*. Il primo che siamo riusciti a intervistare è un cestista.
“Mi chiamo Paul Stephan Biligha sono nato e cresciuto tra Perugia in Umbria e Yaoundé in Cameroun, il mio paese di origine. Da 10 anni sono un professionista nel basket qui in Italia, in cui ho intrapreso tutta la mia carriera sportiva.”
Quando hai capito che volevi fare l* sportiv*? E perché hai scelto proprio il basket?
PSB: “Sinceramente, non c'è mai stato un momento in particolare, è stata tutto molto naturale. Ho conosciuto il mondo del basket a 12 anni durante il mio soggiorno nel mio paese d'origine, Poi qui in Italia, ho avuto la possibilità di militare in una squadra di buon livello come l’Everlast Firenze, ma quei tempi era più per sussistenza. Non avevo ancora quel forte desiderio di diventare un giocatore professionista. Con il passare degli anni mi sono sempre più convinto che sì, questa era la carriera che volevo intraprendere ed eccomi qui.”
Che cosa ti piace di più dello sport che pratichi?
PSB: “La pallacanestro per me è una scuola di vita. Al di là del divertimento, mi ha trasmesso i valori di rispetto e di fare gruppo, che difficilmente avrei appreso con questa intensità in altri contesti. Inoltre, mi ha insegnato nel corso della mia vita una passione e una resi. La amo per la passione e la resilienza che ogni volta mi spinge a tirare fuori ad ogni partita ogni volta riesce a farmi provare queste emozioni da zero. È bellissimo.”
Hai dei momenti in cui senti che non ce la puoi fare? Cosa ti porta a non cedere?
PSB: “ Di momenti ce ne sono stati ci sono e ci saranno come in ogni mestiere. Se si vede questo sport solo come una modalità per pagarsi da vivere non riuscirai a sormontare quei momenti no: l’importante è tenere viva la passione.”
Qual è stato il tuo più grande riconoscimento da quando hai iniziato?
PSB: “Il più grande riconoscimento è stato di poter indossare la maglia azzurra durante gli Europei e Coppa del Mondo della specialità. Ho provato delle emozioni grandi, indescrivibili. Per non parlare di aver avuto la possibilità unica di confrontarsi e scontrarsi con giocatori di altissimo livello.”
Qual è il tuo più grande sogno sportivo?
PSB: “Il mio più grande sogno sportivo è diffondere la passione per questo sport in Cameroun prima e in tutta l’Africa poi. Vorrei far arrivare, partendo dalle generazioni più giovani, l’amore che provo per la pallacanestro, con la speranza chissà di aiutare (anche concretamente) uno di loro a viverle.”
Pensi che in Italia il tuo sport riceva l'attenzione mediatica che merita?
PSB: “Sì e no. A volte, quando ci sono grosse competizioni si crea una importante attenzione. Passati questi momenti, si torna, purtroppo, al punto di partenza. Sarebbe bello avere un maggior coordinamento tra Istituzioni e media per dare a questo sport la giusta visibilità che merita. Ultimamente, però, grazie al crescente interesse nel basket 3x3, sembra si stia iniziando a parlare di più di basket, specie nelle aree urbane di quartiere.”
Trovi che sia difficile praticare basket in Italia se appartieni ad una minoranza? Se sì, perché.
PSB: “Il basket richiede una disponibilità economica che non tutti i genitori possono permettersi. Se penso all’esperienza personale dei miei, posso dire che tra scarpe, palloni, vestiti, l’affiliazione ad una società, le spese sostenute sono state veramente alte. Una buona soluzione per ovviare a questo ostacolo, potrebbe essere quella di lavorare a programmi scolastici su scala nazionale dedicati alla specialità.”
Cosa ti aspetti dalle Federazioni per avvicinare più Italiani appartenenti a minoranze al tuo sport?
PSB: “Che si lavori ad una soluzione equa che permetta a tutti di godere di questo splendido sport. Quello che era inizialmente successo con la Tam Tam Basket - una squadra di basket di Castel Volturno composta da figli di lavoratori extracomunitari nati e cresciuti in Italia, inizialmente esclusi dai campionati nazionali under 17 a causa della cittadinanza non italiana - mi aveva molto deluso. Fortunatamente la situazione si è risolta, ma questo cementifica quanto sia importante fornire delle pari opportunità a chiunque voglia entrare in questo mondo, per vedere meno ingiustizie come quella che sarebbe potuta capitare alla Tam Tam.”