In Arte: Dudu Lame

Dalla provincia di Torino a Spotify



Nella settimana in cui tutti gli occhi sono puntati sull’Eurovision, anche noi di Colory* abbiamo voluto dare spazio alla musica. Il primo tra gli artisti che abbiamo selezionato – come si legge dal titolo – porta uno dei  “nuovi” cognomi più popolari. Ci ha raccontato del suo legame con la musica, come ha vinto la sua timidezza per poter farsi spazio come cantante e la strategia che ha messo in pratica per avvicinare anche i suoi genitori a questo suo mondo.

“Ciao a tutti sono Modou Lame, vengo da Chivasso, un piccolo paesino della provincia di Torino. Nella vita posso dire che faccio il cantante, anche se non è ancora a tutti gli effetti la mia professione, la definirei più come un canale per poter esprimere con tutto me stesso quello che sono e quello che vivo: la musica, anche se per certi versi posso definirla un lavoro, è sempre stato qualcosa di più.”



Dudu Lame è il tuo nome d’arte? Se sì, com’è nato?

DL: “Dudu è il mio soprannome, me lo porto dietro dalle scuole medie. La storia di come è nato, fa anche ridere; all'epoca avevo un compagno di classe congolese che ogni volta che mi prendeva in giro invece di chiamarmi Modou urlava ‘Modududu’ aggiungendo il ‘dudu’ finale. Poi con il tempo è rimasto Dudu. Non ero molto felice di quel nome ovviamente, ma ad oggi posso dire che è quella parte di me che tiro fuori quando ho in mano un microfono.”



Come e quando è iniziato tutto?

DL: “La musica ha sempre riempito le mie giornate. Mi ricordo che fin da piccolo, quando avevo 13/14 anni stavo incollato davanti a Mtv ad ascoltare tutti i videoclip che passavano. Quando poi diversi anni dopo mi sono avvicinato alla ‘vita di quartiere’. ho scoperto per la prima volta il rap Italiano. Rimasi colpito la prima volta che sentii Gemitaiz, mi piaceva come incastrava le rime, mi dava un senso di appartenenza, soprattutto con la sua perla di singolo ‘On the corner’ e poi anche tutti i suoi mixtape che mi hanno accompagnato in quel periodo. Da lì a poco avrei  pian piano scoperto tutto il panorama del rap italiano ed avrei capito che era questo quello che volevo fare.”



Quando è stato quel momento in cui hai deciso che nella vita volevi cantare?

DL: “Penso che dentro di me, io l’abbia sempre voluto e ne ho avuto la conferma la prima volta che ho sentito la mia voce sopra una base. Anche se è solo da 2 anni che mi sono messo in ottica di fare questo e dedicarci tutto me stesso, ma questo credo che abbia a che fare con la mia personalità. Io sono la classica persona che ‘se ne sta sulle sue’, quindi ero anche un po’ intimorito dall’idea di mettermi su un palco. Piano piano però come vedete ne sono uscito, o meglio è stata la musica stessa a darmi i mezzi per farlo.”



La tua famiglia come l’ha presa quando hanno capito che questo era quello che volevi fare nella vita?

DL: “La prima volta che hanno scoperto che facevo musica non l’hanno presa molto bene, soprattutto mia madre che ha sempre associato il mondo del rap alla criminalità e all’uso di droghe. Con il tempo ho provato a portarli dentro al mio mondo, facendo loro ascoltare le mie canzoni, così da riuscire a dimostrare che tutto questo lo stavo facendo per qualcosa che va oltre l’ostentare soldi e gioielli o la macchina nuova. Leggendo i miei testi hanno capito quanto ci tenevo e quanta dedizione ci mettevo per creare ogni singolo pezzo, ora, infatti, il rapporto tra i miei e la mia musica devo dire che è ottimo anche perché senza la loro benedizione non avrei questa serenità artistica che sono riuscito a raggiungere.”



Riesci a vivere della tua arte?

DL: “No non ancora. Sono ancora un artista emergente soprattutto perché non è la mia fissazione giornaliera. Quello che voglio cercare di fare è portare la mia arte al massimo ogni volta, così che ogni persona possa attribuirgli il massimo valore anche a livello lavorativo. Certo,vivere al 100% della mia arte sarebbe una grande soddisfazione, ma ci vorrà ancora tempo.”



 Fuori dai Radar è il tuo primo singolo? Com’è nato?

DL: “Fuori dai radar è il mio ultimo singolo, ma non è la mia prima release, il pezzo è nato da una coproduzione con il multiplatino Dade(Linea 77, Salmo) e il direttore artistico Alessandro Brattini aka Brattini. Il singolo in parole povere parla di rivalsa, di uscire appunto ‘fuori dai radar’, uscire dal quartiere con la voglia di cambiare le cose per se stessi e per chi ci sta intorno.”

Come descriveresti la tua musica? A chi ti ispiri?

DL: “Lo faccio ascoltando tanta musica di generi diversi tra loro. Sono tante le influenze musicali che condizionano le mie sonorità, ma cerco sempre di dare la mia impronta: se dovessi descrivere la mia musica, direi che ogni cosa che scrivo mi appartiene e quindi cerco di trasmetterla a chi mi ascolta. Perciò penso che solo un ascoltatore possa descrivere la mia musica appieno.”


Trovi che sia difficile emergere nell’industria della musica, se appartieni a una minoranza?

DL: “Credo che arrivati ad oggi sia sotto gli occhi di tutti  che se sei di seconda generazione parti svantaggiato sotto alcuni punti di vista, per esempio lo sforzo economico che si trova ad affrontare un ragazzo emergente nel produrre la sua musica (non solo per lo studio, ma anche per i video o per la promo) è grandissimo soprattutto se non hai una famiglia ricca a supportarti o la difficoltà nel farsi riconoscere come artista senza ricadere in uno stereotipo, ma secondo me nel 2022 sta a noi dare il via che serve per far sì che l’Italia finalmente cambi... e se devo dirla tutta sento che qualcosa si sta già muovendo.”


E tu cosa stai pianificando per il tuo futuro?

DL: “Tanta tanta musica!”


Ultima domanda ormai di rito a Colory*, come vedi l’Italia nel 2030?

DL: “A Colory, ovvero un’Italia dove i colori e le società sono molto più unite..o almeno spero”

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