In Arte: Mosa One

Graffiti, tele e una storia che non può che ispirare


Per quanto più o meno difficile da ammettere alcune forme d’arte sono percepite come superiori e altre come cose da ragazzini, se non addirittura “inferiori”. E per quanto ci si possa sentire più inclini a esprimersi attraverso quella che in gergo viene definita come arte di strada, la pressione sociale spinge altrove. Eppure quella che stiamo per raccontarvi è una storia di successo e determinazione che prova l’esatto contrario.

“Ciao sono Mosa One, un artista romano con origini egiziane, mi dedico all’arte e alla creatività in molteplici forme, ma principalmente dipingendo.”



Come e quando è iniziato tutto?

MO: “Già da bambino scarabocchiavo e disegnavo sempre, successivamente alle elementari è nato il mio interesse per l’Hip-Hop e mi sono ritrovato a fare graffiti sui quaderni di scuola copiando quelli che vedevo per strada, poi all’età di 13/14 anni quando scoprii dove potevo comprare le bombolette iniziai a farlo per strada come un vero writer, ho continuato poi a fare arte nel tempo perché ne avevo bisogno e la usavo come un metodo di sfogo perché mi faceva stare bene e potevo esprimere ciò che avevo dentro.”



Quando hai capitato che quella era la tua strada?

MO: “La conferma che ero sulla strada giusta mi è arrivata a 19 anni, quando mi chiamarono per dipingere un murales dentro un museo a Roma in mezzo ad artisti internazionali che avevo sempre stimato e preso come ispirazione. Lì capii che dovevo prendere le cose sul serio e che questa poteva diventare la mia professione.”



La tua famiglia come l’ha presa quando hanno capito che questo era quello che volevi fare nella vita?

MO: “All’inizio quando mi vedevano andare per strada a dipingere pensavano sarebbe stata una cosa passeggera, loro hanno una visione diversa dalla mia e per parecchio ho dovuto lottare con questa cosa, ma comunque sono fieri e gli piace cosa faccio e da quando hanno visto che l’ho presa seriamente e sto cercando di renderlo un lavoro mi supportano in tutti i modi.”



Riesci a vivere della tua arte?

MO: “Non vivo solo di questo, almeno non ancora è un obiettivo che voglio raggiungere visto che mi hanno sempre detto che l'arte è un privilegio e forse lo è anche, ho iniziato a fare questo perchè ne avevo realmente bisogno e non pensavo avrei raggiunto nessun traguardo importante, poi ovviamente più si cresce e più si hanno responsabilità maggiori ma ancora oggi preferisco morire di fame che smettere di fare questa roba.”



Trovi che sia difficile emergere nella tua industria se appartieni a una minoranza?

MO: “Credo sia molto difficile, il mercato dell’arte segue dei canoni e dei trend e quando fai parte di una minoranza non sempre rientri in quei determinati canoni, ma a me sinceramente non importa più di tanto finché quello che faccio è genuino le persone si interessano lo stesso e in qualche modo riuscirò ad arrivare, al di là dei canoni dei trend e di tutte quelle cose che secondo me sono e rimarranno passeggere.”



Se sì, pensi che questo possa cambiare nei prossimi 5 anni?

MO: “Sì, cambierà sicuramente, nelle nuove generazioni noto meno paura e più apertura mentale, non si fanno più condizionare dalla paura del diverso e dai pregiudizi delle generazioni passate  anzi sembra quasi che ne siano più incuriositi.”



Ultima domanda ormai di rito a Colory*, come vedi l’Italia nel 2030?

MO: “Di questi tempi è difficile rimanere positivi con tutte le brutte cose che vediamo succedere sul nostro pianeta ma per rimanere in tema con il nome della vostra pagina dico che vedo un paese più colorato o almeno lo spero.”




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