We Made In Italy




Se le storie che avrebbero dovuto ispirarvi, fino ad ora vi hanno fatto sentire in difetto, ecco da dove ricominciare a sognare.

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C’è forse un minimo comune denominatore nelle nostre vite e si chiama successo. Certo, ha modi diversi di manifestarsi, ma i suoi tratti essenziali sappiamo riconoscerli. Proprio per questo quando abbiamo l’occasione di capire meglio come è stato possibile raggiungerlo, ci buttiamo a capofitto nella storia senza perdere nessun dettaglio. Troppo spesso però nel raccontare come si sono creati piccoli e grandi imperi, si perde di vista il fattore relazionalità. Se non si riesce in alcun modo a fare riferimento alla biografia degli ideatori e delle ideatrici delle realtà imprenditoriali che più ci ispirano, possiamo finire per credere che se non partiamo dallo stesso via non potremo mai farcela.

In nome di tutto questo abbiamo creato We Made in Italy, un format dedicato alle imprenditrici e agli imprenditori GEN 2 che hanno avuto il coraggio di credere nei propri sogni anche quando tutt* intorno a loro sembravano suggerire il contrario.



Tako Sibi, Miss Tako Haïr Extensions

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Presentati

T: “Mi chiamo Tako Sibi, sono la founder Miss Tako Haïr Extensions, sono nata e cresciuta a Hong Kong, ma sono originaria del Mali e ora vivo a Milano.”

Com’è nato Miss Tako Hair?

T: “I capelli hanno sempre ricoperto un ruolo importante nella mia vita. Da bambina, ero una delle poche ragazzine nere a Hong Kong, e vi posso garantire che lì avere accesso a specialist* per capelli come i miei è stato difficile. A 19 ho iniziato a viaggiare il mondo, sapevo 6 lingue e avevo una missione sola quella di trovare i migliori prodotti per capelli. Ad oggi ho usato più 50 extension e sono felice di dire che dopo innumerevoli avventure, ho finalmente la perfetta qualità di capelli per parrucche. Così oggi posso orgogliosamente dire che ho davvero reso la mia passione un business.”


Quando hai capito che era il momento giusto di iniziare? 

T: “Che ci crediate o no è successo tutto di un colpo e i pezzi si sono in un qualche modo incastrati bene. Mi si può definire un’ imprenditrice per caso, anche se posso garantirvi che ho sempre saputo di voler avere una mia azienda. Era il 2012 e vivevo ad Ibiza dove non si trovano molte parrucche, io invece ne avevo moltissime e per diverse occasioni, un giorno ho deciso di vendere quello che avevo ed è andato tutto in sold out in una settimana, facendomi più del mio stipendio annuale. Così ho iniziato il mio brand Miss Tako Hair e ho iniziato un’avventura incredibile. Oggi i miei prodotti sono venduti a livello globale online.”



Quando si parla di imprenditoria in Italia, si sentono più aspetti negativi che positivi, perché hai deciso di crederci lo stesso?

T: “ Credo quello delle extension sia un mercato non ancora esplorato a dovere in Italia. L'imprenditoria mi ha insegnato a fidarmi del mio istinto e a lavorare duro. Credo anche che per vendere un prodotto che esiste da tempo bisogna farlo in modo che si addica al mondo di oggi , per renderlo più accessibile a tutt*.Ora come ora sono molto concentrata sull’online, che come la pandemia ci ha dimostrato è il futuro dei business, ciò non toglie che ho avuto brutte esperienze, anche perché sono un’imprenditrice nera in Italia, ma sono cresciuta in Asia dove ci si aspettava che fallissi e dove mi sono state chiuse porte in faccia, ma questo non mi ha mai fermata dal realizzare i miei sogni.”


Le persone come reagiscono quando scoprono che sei un'imprenditrice?

T: “Sono tutt* molto curios* e mi fanno un sacco di domande su come ho trasformato una mia passione personale in un business a cui lavoro full time.”



Come vedi Miss Tako Hair tra 5 anni?

T: “ Voglio posizionare bene Miss Tako Hair nel mercato italiano e poi esplorarne di noi, per poter raggiungere quanti più clienti possibili. Non vorrei speculare però prevedo tante belle cose per il mio business: voglio fare in modo che le persone si possano sentire sicure di sé, belle e in grado di esprimersi al meglio attraverso i propri capelli.”



Che consiglio daresti a giovani imprenditrici?

T: “ Di mettersi in gioco e essere sempre preparate a incontrare nuove persone e condividere idee, sogni e progetti con loro, perché non si sa mai cosa possa accadere da un incontro casuale; alcune delle mie collaborazioni migliori sono nate parlando con altr* di quello che faccio. E quando si è in dubbio bisogna ricordarsi che il successo non si materializza in un lampo, la perseveranza è la chiave per raggiungere qualsiasi obiettivo.”





Nati e Sara, Texture Hair Salon

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Nati e Sara, si sono conosciuti nel salone per capelli dove entrambi lavoravano. Prima colleghi, ora hanno esteso la loro passione all'imprenditoria, aprendo insieme il salone di bellezza “Texture Hair Salon” del centro di Milano.  



Come è nato il vostro business?

 N&S: “ Texture Hair Salon nasce dal desiderio di voler offrire benessere e cura dell’immagine a 360 gradi a nostri clienti. Da qui nasce anche il nome che rappresenta alla perfezione materia, struttura e intensità di tutti i tipi di capelli.”

Quando avete capito che era il momento giusto per iniziare?

N&S: “ Se ci si sofferma troppo a pensare  -- in particolare in un periodo come questo -- se è il momento giusto o meno: non si inizia mai. A dirla tutta neanche esiste il momento giusto, ma esistono la consapevolezza e la volontà di far conoscere al mondo chi sei e cosa sai fare.”

Quando si parla di imprenditoria in Italia, si sentono più aspetti negativi che positivi, perché hai deciso di crederci lo stesso?

N&S: “ Il mondo dell’imprenditoria italiana ha mille sfaccettature positive e altrettante negative. Dalla burocrazia, all’amministrazione e anche a livello personale, perché non stacchi praticamente, anzi sei alla continua ricerca di stimoli e idee per continuare a far crescere e aggiungere valore alla tua impresa.”

Come reagiscono le persone quando scoprono che siete imprenditori?

N&S: “Essendo due ragazz* giovani* suscitiamo molta curiosità nei confronti di chi si interfaccia con noi, accompagnata da tanto entusiasmo per la nostra potenziale crescita e sviluppo della nostra attività.”



Come vedete Texture Hair Salon tra 5 anni?

N&S: “Vorremmo vederlo crescere, avere molta più visibilità e perché no anche con un staff più ampliato per soddisfare le esigenze di qualsiasi nostr* cliente.”




Che consiglio dareste a giovan* imprenditor*?

N&S: “ Non esistono segreti per essere brav* imprenditor*, l’unica parola chiave secondo noi è crederci. Credere in quello che si fa e farlo con passione, amare il proprio lavoro, condividendo e confrontandosi con chi ha più esperienza.”




Nguyen Doan Thi Thu Trinh Elisabetta, Betty Concept

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Presentati

E: “Mi chiamo Nguyen Doan Thi Thu Trinh Elisabetta ( due cognomi e due nomi, quello in vietnamita significa autunno pulito...Le seconde generazioni hanno la fortuna di ereditare nomi improbabili) sono la proprietaria di Betty Concept e sono di Brescia.”

Come è nato Casa Betty Concept?

E: “Casa Betty Concept è l’evoluzione naturale di un progetto che voleva includere e accogliere tutt*. Per farlo aveva bisogno di un luogo che potesse essere un riferimento; in un momento dove tutto è online, ho scelto di non perdere di vista le persone, ma di farle entrare nel mio mondo, perché la ‘contaminazione’ è importante per capire altri mondi.”

Quando hai capito che era il momento giusto per iniziare?

E: “L’ho capito nel 2014, dopo 4 anni a Londra capii che in Italia potevo fare la differenza. Avevo già sperimentato così tanto e forse avevo trovato il modo giusto per portare avanti il mio progetto di inclusione di tutti i corpi, tramite il su misura a distanza.”

 

Quando si parla di imprenditoria in Italia, si sentono più aspetti negativi che positivi, perchè hai deciso di crederci lo stesso?

E: “Perché non cambia nulla se si resta fermi. Io voglio fare parte del cambiamento, anzi sono il cambiamento. È importante per le seconde generazioni come me, nate in Italia da genitori stranieri mantenere viva la speranza, che ci si possa ritagliare il proprio spazio anche se siamo nat* con le carte sbagliate e pochi mezzi. Vorrei anche aggiungere che nello specifico noi donne siamo state per  troppo tempo vestite da occhi maschili, è giusto che ognuna di noi abbia la possibilità di scegliere un abito su misura ad un prezzo accessibile, con un servizio su misura a distanza come se fosse dal vivo.”

 Come reagiscono le persone quando scoprono che sei un'imprenditrice?

E: “Solitamente restano incredule. ll luogo comune del binomio asiatica e sarta cinese è difficile da cambiare, nella testa di molti io sono la dipendente sfruttata. Proprio come passare il messaggio che l’Asia è grande, o che io sono la titolare e non mi ghettizzo, anzi le mie clienti sono italiane ‘autoctone’. Per questo mi sento di dire che la vera sfida è essere credibile: ho fatto il doppio della fatica perché donna, il quadruplo perché ho tratti somatici cosiddetti stranieri.”

 Come vedi Casa Betty Concept tra 5 anni?

E: “ Lo vedo come un riferimento per molte persone che vogliono cambiare punto di vista, dettando le proprie regole, acquistando un capo vigoroso per il proprio corpo e non adattandosi a capi standard quando non esistono corpi standard. Lo vedo anche come una casa mobile con radici profonde, ma capace di spostarsi per vedere fiorire altre città: ln luogo dove ognuna si senta felice provando un vestito, in altre parole la prova che inclusione esiste.”


Che consiglio daresti a giovani imprenditrici?

E: “ Consiglierei di valutare bene se un progetto è monetizzabile: non sempre  un’idea può o deve diventare un lavoro. Le passioni non sempre si trasformano in una professione, serve costanza. Il mio motto è fai quello che puoi, con quello che hai, nel posto in cui sei. Le attività si pesano anche sul bilancio. Alle giovani imprenditrici direi di cominciare a fare e  non aver paura di percorrere strade poco battute. Solo restando fedeli a noi stesse possiamo portare il valore aggiunto di considerare il proprio team come una risorsa e non come una spesa.” 

 

 

Evelyne Sarah Afaawua, Nappytalia

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Presentati
E: “Mi chiamo Evelyne Sarah Afaawua, sono la founder di Nappytalia Eco Bio Cosmetics SRL con sede legale Bassano del Grappa, mentre la mia sede operativa è a Muggiò.”

 

Come è nato Nappytalia?
E: “Nappytalia nasce prima come community per riunire persone afrodiscendenti che avessero la voglia di esprimere ed esaltare la propria identità attraverso i propri ricciafro.
Nato come Afro-Italian Nappy girls su Facebook nel 2014, il primo natural hair movement in Italia, negli anni la community ha inglobato l'evoluzione della popolazione italiana con ragazz* afroitalian*, african*, misti e ricci caucasici avendo in comune gli stessi bisogni di "ricci" al naturale.
Dalla community nel 2014 nasce un blog Nappytalia.it, primo blog in italiano sulla cura e gestione dei capelli ricciafro al naturale ed unitamente i "Nappy Hour" aperitivi tra le persone della community, evoluti ad oggi in workshop e masterclass sulla cura e gestione dei capelli ricciafro e ricci.
Nel 2015 abbiamo avviato la prima startup, rivendendo prodotti dedicati per gestione di questi magnifici ricci.
Nel 2018 apro la mia prima società - Nappytalia Eco Bio Cosmetics SRL, un'azienda afroitaliana, black owned, di cui sono unica proprietaria, che ha come obiettivo quello di studiare, sviluppare e creare prodotti che possano soddisfare le esigenze di capelli ricciafro e ricci.
Ad oggi Nappytalia Eco bio Cosmetics, ha lanciato nel marzo 2018, la prima linea di prodotti ecobio made in italy per capelli ricciafro e ricci, questo è solo l'inizio.
A settembre 2020 abbiamo raggiunto il nostro breakeven point in soli 30 mesi, con un investimento iniziale di 70K solo in debt, ed un microcredito da 25K, no investors, no marketing. Per una giovane startup, preferire parlare di azienda ormai è un traguardo, non indifferente, soprattutto se arriva da un'azienda afroitaliana - black owned.
Nel 2021 siamo pronti ad uscire dal guscio, con nuovi prodotti, servizi e tante collaborazioni e progetti che il covid ci ha costretto a rimandare, ma non vediamo l'ora.”


Quando hai capito che era il momento giusto per iniziare?
E: “Non sapevo se era il momento giusto o meno, l'ho fatto e basta. Stavo soddisfacendo un mio bisogno, che credevo fosse condiviso da altre persone. Sono state loro a darmene conferma. Faccio impresa dal 2015, ma ho iniziato a definirmi imprenditrice solo 3 anni dopo, esattamente alla costituzione della mia seconda azienda, perchè volevo essere sicura, di stare a quello che dicevo. Avevo già fatto tanto per chi mi vedeva da fuori, ma per me Nappytalia è anche un riscatto personale, la prova che il nostro destino lo scriviamo noi. Quel giorno di fronte al notaio, sola con la mia commercialista, ho capito che stavo facendo sul serio, voglio rendere questa azienda grande.”


Quando si parla di imprenditoria in Italia, si sentono più aspetti negativi che positivi, perché hai deciso di crederci lo stesso?
E: “Ho realizzato di star facendi impresa solo nel secondo anno. Ciò che mi manteneva motivata -- e lo fa tutt'ora -- è l'entusiasmo delle persone che hanno finalmente imparato ad apprezzare la propria bellezza afro al naturale. Per questo ho deciso di provarci, per me e per loro, ma soprattuto perchè l'impossibile non esiste.”


Come reagiscono le persone quando scoprono che sei un'imprenditrice?
E: “Sono una persona abbastanza low key, non vivo di immagine, ma di fatti, e mi spiace molto che spesso mi trovo a dover rimarcare di essere la proprietaria di Nappytalia e non l'inserviente o la dipendente.
Penso di aver realizzato abbastanza, e con il traguardo di settembre, le parole stanno a zero, ma mi rendo conto che l'apparenza conta di più della meritocrazia in questo paese. Rimane un pò di amaro in bocca, ma si continua a lottare, perché c'è un impero da costruire.”


 Come vedi Nappytalia tra 5 anni?
Un impero, irriconoscibile. Avendo raggiunto il break even point mi accingo a rivedere il business plan che ho battuto sul tempo (solitamente si redige per 3-5 anni) inserendo ed ambendo appunto a cose che forse nessuno immagina, ma che io vedo nel futuro di questa azienda: con o senza me al timone.


Che consiglio daresti a giovani imprenditrici?
E: “Ad oggi quasi tutti i giovani ambiscono ad essere solo famosi, a me mette tristezza.
Nella vita posso dirvi che ci vogliono, più fatti e meno parole.
I social stanno rovinando il bello della vita reale, ma se si è intelligenti, li si può usare (esempio Nappytalia) come mezzo, per raggiungere un fine. I numeri veri sono le conversioni che fate in fatturato, non quelli dei like o dei follower.”



Charity Dago, Wariboko

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C: “ Mi chiamo Charity Dago e nella vita sono consulente d’immagine e talent manager, nonché founder della Wariboko agency con base a Milano.”



Com’è nata la Wariboko Agency?
C: “ Wariboko è nata dall’esigenza di vedere rappresentati talenti afro-discendenti e dal conseguente bisogno di veder rappresentato nella sua totalità l’immaginario collettivo e sociale.”


Quando hai capito che era il momento giusto per iniziare?
C: “Ho preso la palla al balzo quando si è presentata l’occasione a metà del 2019 e ho organizzato il primo casting. Ho ricevuto così tanto feedback da farmi capire che in Italia i talenti afrodiscendenti non mancano affatto, hanno solo bisogno di essere rappresentati a dovere.” 



Quando si parla di imprenditoria in Italia, si sentono più aspetti negativi che positivi, perché hai deciso di crederci lo stesso?
C: “Wariboko è la mia missione, non è soltanto un business. Quando credi fortemente in un valore, lo vuoi realizzare a qualunque costo e gli aspetti positivi superano di gran lunga quelli negativi.”


Come reagiscono le persone quando scoprono che sei un’imprenditrice?
C: “Quando scoprono che sono un’imprenditrice le persone rimangono stupite. Ci sono purtroppo tanti stereotipi sulle donne nere e nessuno di questi gioca a nostro favore, per molt* è davvero impensabile immaginarci come imprenditrici.”


Come vedi Wariboko Agency tra 5 anni?
C: “Tra 5 anni vedo Wariboko in pieno sviluppo, un team di lavoro affiatato, artisti e progetti di valore speciali.”


Che consiglio daresti a giovani imprenditrici?

C: “consiglierei loro di trasformare il loro business nella loro missione e di trovare un giusto equilibro tra il lavoro e la vita personale.”






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