ZERO raccontato da chi l’ha diretto
Uno sguardo da vicino a una delle serie più chiacchierate del momento
A poco più di un giorno dalla sua uscita la serie originale Netflix Zero era già al top delle classifiche, oggi a una settimana dal 21 aprile, è già acclamata come evento storico, anche dalla stampa estera. E come negarlo, è la prima volta che una produzione italiana mette in scena un format che vede protagonisti ragazzi e ragazze afroitalian*, riprendendo il lavoro di un autore afroitaliano nonché Antonio Dikele Di Stefano, in un genere dove rom-com e sci-fi si incontrano. Il risultato finale è un prodotto che superficialmente potrebbe essere definito di nicchia, ma che i risultati dimostrano essere estremamente mainstream, perché racconta quelle storie di cui troppo spesso si sente parlare, ma che nessun* racconta mai da vicino.Noi abbiamo voluto avvicinarci ancora di più facendo qualche domanda a Mohamed Hossameldin che ha diretto uno degli episodi centrali della serie.
Com’è stato leggere il copione di Zero? Hai trovato qualcosa di familiare nella storia di Omar e dei suoi amici?
MH: “Ho avuto la possibilità di approcciare Zero quando era ancora in fase di sviluppo: fui molto colpito e sorpreso dal punto di vista nuovo e originale con il quale è stato concepito. Nei miei lavori precedenti avevo sempre raccontato personaggi che si sentivano invisibili, quindi è stato facile per me immergermi nel mondo di Zero.”
Chi era Mohamed Hossameldin prima di essere il regista di Zero?
MH: “Ero un regista di diversi cortometraggi ed ero appena riuscito a farmi notare dai produttori entrando nella cinquina dei David. Mentre mi dedicavo alla scrittura del mio esordio cinematografico, si è presentata l’opportunità di dirigere un episodio della serie, e non potevo non farne parte. Sono molto felice di aver contribuito alla nascita di Zero.”
È stato difficile dirigere un cast composto per lo più da non professionisti?
MH:“In molte serie e prodotti cinematografici di successo si ricorre a un cast alla prima esperienza, e io stesso avevo fatto esordire alcuni attori in passato. Credo che la cosa importante in questi casi sia fare tante prove e prepararli bene prima delle riprese. Nel caso di Zero abbiamo avuto la possibilità di farlo: grazie anche al lavoro di un acting coach, i ragazzi sono arrivati pronti sul set.”
Qual è stata la tua scena preferita da girare?
MH: “È difficile rispondere a questa domanda. Se dovessi sceglierne una, sceglierei quella in cui Omar indossa la maglietta della madre e decide di diventare Zero. Ho fatto un intenso lavoro emotivo con l’attore sui sentimenti della scena, e spero che sia arrivato al pubblico. Un’altra sequenza alla quale sono molto affezionato è quella delle presentazioni di Inno, Sara e Momo.”
Quella più difficile invece?
MH: “Sicuramente l'arrivo della crew a casa di Omar durante il blackout. Il mio obiettivo era far trasparire l’armonia del gruppo affinché integrassero Zero, presentando tutti loro attraverso piccoli gesti. Spero che vi sia piaciuta.”
Le restrizioni invece come sono state da gestire?
MH: “Una squadra si occupava della nostra sicurezza, nel rispetto di tutte le disposizioni, aiutandoci a svolgere il nostro lavoro.”
Credi che Zero possa inaugurare una nuova stagione per il mondo dello spettacolo italiano, soprattutto in fatto di rappresentazione?
MH: “Assolutamente sì. Fin da subito ho pensato a Zero come al primo passo di un cambiamento storico per tutte le persone con la mia stessa storia. Sono entusiasta di farne parte.”
A proposito di nuove stagioni, ce ne sarà una anche per Zero vero? Ci puoi anticipare qualcosa?
MH: “Sarebbe molto bello! Ancora non lo sappiamo, però.”