Due docenti raccontano come deve cambiare la scuola per diventare più inclusiva
Per quanto difficile da digerire, perché la scuola dovrebbe essere il luogo in cui certi falsi miti si decostruiscono, quella italiana non funziona esattamente così. O almeno non lo è nella maggiorparte dei casi, dove a avere stereotipi basati sull'origine de* propr* student* è il corpo docenti stesso. Il tutto si traduce in sensi unici che prescindono dalle capacità de* ragazz*, dettate unicamente dell'idea molto limitata che alcun* insegnant* hanno su cosa può o non può fare un ragazzo e una ragazza con un nome cosiddetto "diverso". Quali possono essere le vie d’uscita? Lo abbiamo chiesto a due insegnanti.
EDWARD BUCHANAN
PHOTO: THIERRY LEDE
“Mi chiamo Edward Buchanan, vivo a Milano da quasi 25 anni, insegno un master in maglieria per l'Accademia Costume che è gestita dalla storica Modateca Deanna a Reggio Emilia. Ho insegnato e sono stato un tutor in molte scuole di moda italiane come Polimoda, Naba, IED, ecc. Sono ormai 5 anni, che insegno.”
Oltre a insegnare fai altro nella vita?
EB: “Sì, sono un direttore creativo, ho il mio brand di maglieria di lusso, che si chiama SANSOVINO6. Sono anche un consulente per varie marche nel settore del lusso. Io sono anche uno dei fondatori di WAMI ( We Are Made In Italy ) un'iniziativa creata per sostenere e promuovere i creativi BIPOC in Italia.”
Traguardo professionale di cui vai più fiero?
EB: “Ho una lunga storia professionale qui in Italia, ma il mio più grande orgoglio è essere stato in grado di mantenere la mia indipendenza come creativo per più di 15 anni.”
Hai mai avuto episodi spiacevoli a scuola? Dove ad esempio si desse per scontato che non fossi un docente?
EB: “Non ho mai avuto esperienze spiacevoli con gli studenti, ma ne ho avute con le aziende che lavorano con le scuole e qualche collega insegnante mi ha anche mancato di rispetto - spesso mi vedono e pensano sia uno studente e non un insegnante di 50 anni. Credo che non si aspettino di vedere un uomo nero americano in una posizione di autorità.”
Noti un cambiamento nella composizione delle classi oggi rispetto ad anni fa? Sono più multietniche?
EB: “In Italia noto che ci sono molti studenti stranieri che hanno l'opportunità e la possibilità di viaggiare all'estero e studiare, ma ho incontrato solo pochi studenti BIPOC nei miei anni di insegnamento. Penso che ci sia sicuramente bisogno di una riorganizzazione nel processo di reclutamento e anche borse di studio per le comunità svantaggiate.”
Cosa credi che manca agli studenti appartenenti a minoranze una volta completato il loro percorso di formazione?
EB: “OPPORTUNITÀ! Punto.”
Cosa deve cambiare nel mondo del lavoro per garantire pari opportunità?
EB: “Prima il sistema deve accettare che c'è un problema nel reclutamento di persone BIPOC, altrimenti stiamo parlando solo con noi stessi. Ci sono molti collettivi e organizzazioni che stanno portando avanti la conversazione, dobbiamo assicurarci di essere ascoltati e presenti. Dobbiamo anche creare le nostre collaborazioni e costruire le nostre aziende in modo da riappropriarci delle nostre narrative. Sì, più facile a dirlo che a farlo, ma dobbiamo comunque provarci!”
Come vedi l’Italia tra 5 anni?
EB: “Viviamo già in un'Italia multiculturale... dobbiamo fare in modo che anche gli altri siano consapevoli di questo fatto. Io sono molto ottimista.”
MICHELLE FRANCINE NGONMO
“Mi chiamo Michelle Francine Ngonmo, mi sono trasferita a Vercelli qualche anno fa e da 5 anni sono Visiting Prof. in varie università: Padova, Milano, Roma e all’Estero in Francia e in Camerun.”
Oltre a insegnare fai altro nella vita?
MM: “Sì, sono anche Talent Scout, Event producer e Founder & Ceo della Afro Fashion Association.”
Traguardo professionale di cui vai più fiera?
MM: “Diciamo che sono orgogliosa di tutto quello che ho fino ad ora intrapreso a livello lavorativo; dal vedere il progetto Afro Fashion, dopo tanti anni di fatica e di duro lavoro, acquisire maggiore auterevolezza e ricevere sempre più richieste da parte di varie università ultima delle quali il Milano Fashion Institute. Quello che mi riempie di più il cuore in questo momento è vedere dei talenti che ho scoperto e sostenuto essere simboli di cambiamento nel mondo, ma soprattutto vederli presenti in posti prestigiosi come il FIT Museum di New York o presenti alle Galeries Lafayette, cosa che ancora ora mi sembra surreale.”
Hai mai avuto episodi spiacevoli a scuola? Dove ad esempio si desse per scontato che non fossi una docente?
MM: “Premetto che gli episodi spiacevoli succedono ovunque a scuola, per le strade, in macchina, al supermercato, insomma sia da studente che da docente è una continua lotta. All’inizio, ce ne sono stati un bel po’, ma ora diciamo che si sono fatti rari e quasi inesistenti, fortunatamente i tempi cambiano.”
Noti un cambiamento nella composizione delle classi oggi rispetto ad anni fa? Sono più multietniche?
MM: “Il paese è in continuo movimento e le comunità di origine straniera sono in piena espansione; è un dato di fatto che le scuole abbiano una crescente presenza multietnica. Gli italiani di origini straniere sono sempre più numerosi, quindi le classi non sono più monocolore. Attraverso la mia esperienza da Visiting Prof, mi sono ritrovata ad operare in contesti molto diversi in cui la presenza di studenti di origini straniere poteva essere più o meno ampia a seconda della tipologia del corso. Credo che nei primi cicli di istruzione ci siano problematiche diverse da quelle che è possibile riscontrare nei contesti in cui opero io, come le università e i corsi di master.”
Cosa credi che manca agli studenti appartenenti a minoranze una volta completato il loro percorso di formazione?
MM: “Non gli manca nulla, se non le stesse opportunità dei loro colleghi, ma ancora prima di parlare di opportunità, credo che manchi a molti di loro, un po’ di fiducia in se stessi, visto che sono reduci di una società che non ha creato abbastanza modelli in cui potessero rispecchiarsi; i modelli di riferimento hanno un ruolo fondamentale nelle società. Loro sono una risorsa incredibile perché portatori di due o più culture. Dico sempre che finché il tema della multiculturalità non verrà affrontata in modo più serio, e le aziende o i datori di lavoro continueranno a pensare che stanno facendo un'opera di “carità” o che stiano facendo un favore assumendo persone di origini diverse, continueremo a rimanere al punto in cui stiamo oggi.”
Cosa deve cambiare nel mondo del lavoro per garantire pari opportunità?
MM: “Dovrebbe cambiare la mentalità. Mettere da parte i pregiudizi e gli stereotipi, per basarsi solo sulle capacità delle persone sarebbe un ottimo punto di partenza.”
Come vedi l’Italia tra 5 anni?
MM: “Spero sempre più consapevole delle sue risorse e più fiduciosa nel futuro.”