In Arte: Michelle Perera

Da The Voice con Raffaella Carrà a All Together Now, se non l’hai mai notata, non presti abbastanza attenzione.


A poco meno di un mese e mezzo dal ritorno del festival della musica italiana, che in passato a fatto molto discutere su come ha permesso che artisti GEN2 venissero “sfruttati” mediaticamente e politicamente, anziché ripristinare l’attenzione su ciò che conta davvero in una competizione del genere, ovvero la musica, abbiamo voluto fare il punto della situazione con una cantautrice che da qualche anno a questa parte ha riempito gli schermi affianco a nomi importanti.

“Mi chiamo Michelle Perera, sono di Roma e sono una cantante, songwriter e performer."

 

Quando ti chiedono da dove vieni cosa rispondi?
MP: “Rispondo che sono di Roma. Anzi Romana de Roma.”

 

Come e quando è iniziato tutto?
MP: “Sono cresciuta in una famiglia amante della musica che ha sempre cantato e che ogni domenica faceva le prove della loro band perché suonavano per la comunità singalese romana. A 5 anni capii che volevo fare la cantante. Nel tempo ho poi sviluppato altre doti inerenti sempre alla musica.”

 

Quando hai capito che il tuo posto era nel mondo della musica?
MP: “Non ho mai ‘capito’. La musica era ed è il mio linguaggio di comunicazione. È vitale. Non posso farne a meno e, fortunatamente, sono riuscita a farne una professione.”

 

La tua famiglia come l’ha presa quando hanno capito che questo era quello che volevi fare nella vita?
MP: “I miei genitori non hanno mai ostacolato il mio sogno, con il passare del tempo si sono spesso chiesti, se questo percorso fosse sicuro. Poi nella cultura asiatica c'è il mito delle lauree in ingegneria, medicina, matematica e via discorrendo che ogni famiglia brama per i propri figli. La maggior parte dei miei cugini, infatti, sono plurilaureati con master, insomma gente cosiddetta seria.”

 

Riesci a vivere della tua arte? Se sì, quanto ti ci è voluto?
MP: “Dico sempre, sopravvivere. Quando non sei una star, sei una persona come tante. Molti pensano che fai una vita glamorous solo perché pubblichi due foto su Instagram con un pubblico davanti. Quello che non  si sa è che devi sempre discutere sul cachet con chi ingaggia anche quando ti ritengono brava e perfetta per quella serata. Se non hai un grande seguito è sempre una partita al ribasso. Alla fine abbiamo tutt* le bollette e l’affitto da pagare. Prima di vivere di musica ho fatto molti lavori. Ho iniziato a 16 anni, stirando camice a 3€ l'ora, per poi fare la domestica, lavare in ufficio la notte (il mercoledì e la domenica). Ho fatto l'autista, la promoter nei supermercati, la babysitter. Insomma, quello che fanno tutti i giovani pur di realizzarsi, nel mio caso musicalmente parlando. Alla fine mi sono buttata e mi ci sono dedicata. Ora vivo da sola in un buco di casa in affitto, con la mia tastiera, i miei microfoni, i miei libri e le mille valigie.”

 

La tua esperienza a “The Voice” come e quanto ha influito sulla tua carriera?
MP: “Ho partecipato a due The voice. Uno in Germania, esperienza stupenda e quello in Italia, esperienza meno bella. Stupidamente non ho sfruttato queste esperienze perché mi vergognavo di essere riconosciuta per strada e 10 anni fa non credevo alla potenza dei social media. Oggi mi ritrovo a dover dimostrare il mio talento con i numeri di follower e non con un curriculum, fatto si esperienze tanto sudate.”

 

Com’è stato lavorare al fianco di Raffaella Carrà?
MP: “Un'esperienza surreale. Non avevamo molti contatti con i coach. Vedo molti che parlano dei vari coach ma nessuno ti dice che in realtà a stento ci parlavamo. Quando sono arrivata ai Live show dovevamo fare una performance con lei. Entro in sala, una vera professionista, preparata, instancabile. Io la guardai con grande ammirazione e da quelle poche ore imparai la parola professionalità che oggi vedo raramente se non in teatro.”

 

Cosa pensi dei talent show ora dopo averne fatto uno? Cosa consiglieresti a chi vorrebbe partecipare a uno?
MP: “La verità è che fare musica è difficile. Soprattutto perché c'è uno stallo musicale vero e proprio. Sembra che tutto sia stato già fatto. Sono pochi quelli che emergono senza talent e sono pochissimi quelli che rimangono dopo i talent. Il mio consiglio spassionato è avere un buon progetto musicale prima di presentarsi ai talent. Le Major vogliono il pacchetto già pronto sin da subito: artista preparato musicalmente, con un seguito, grandi numeri negli ascolti e almeno un album pronto. Altrimenti, andateci per un pò di visibilità, fate i vostri concerti con un cachet più elevato per un pò di tempo.”

 

Qual è una cosa che nessun* dice sul lavorare nell’industria musicale, che vorresti tutt* sapessero?
MP: “Che nessuno vuole fare "buona musica" tutti vogliono fare musica vendibile e quindi ci troviamo in un limbo di mediocrità musicale.”

 

Trovi che sia difficile emergere nella tua industria se appartieni a una minoranza?
MP: “È difficile per tutti. per le minoranze ancora di più. Le porte per noi vengono aperte poco a poco e non possiamo entrare tutti insieme ma una manciata alla volta per non dare nell'occhio.”

 

Pensi che possa migliorare nei prossimi anni?
MP: “L'Italia è un bel paese. Lo era forse 30 anni fa per certi aspetti. Oggi è rancoroso verso ideali e persone sbagliate. Lottano contro chi ha più problemi di loro. Alcune volte, nonostante la rabbia da cui io non sono affatto esente, bisogna fare un passo indietro e spiegare anche con ironia come stanno veramente le cose.”

 

Come vedi l'Italia nei prossimi 5 anni?
MP: “Non molto diversa da oggi. Non per pessimismo ma perché è un paese vecchio fatto da vecchi che restano e alcuni giovani che emigrano sperando in un futuro migliore e altri che restano senza sogni. Ci vuole tempo, amore e solidarietà.





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